Mare

Mare

lunedì 7 settembre 2009

DOMANI SARA' di Caterina Palermo
secondo capitolo

Non mi diceva niente quel tono di voce ma la frase si. “ Non sono più baby da molto ormai, ma un soldino per il mio pensierino non basta, ora con tanti pensieri che mi angosciano le servirebbe un capitale? Mi scusi, la conosco?” Tipo brizzolato, abbronzato, ben vestito, stile capitano di marina,e con due occhi azzurri penetranti che cercavano di leggere nella mia memoria.
“ Non volevo essere inopportuno né tanto meno maleducato ma la frase mi è uscita spontanea quando ho riconosciuto una persona speciale che pensavo di aver perso per sempre: Barbara sono Giorgio, quel Giorgio, il tuo vecchio Giorgio”.
“ Oh, Giorgio!” dissi con voce commossa mentre mi sentivo avvampare per l’emozione. “ Ma come hai fatto a riconoscermi dopo quasi quarant’anni , io non avrei potuto se non ti fossi fatto avanti tu”.
“ Posso abbracciarti, prima di tutto, poi ti darò le spiegazioni che cerchi” Annuii e la stretta di quelle braccia, che per il momento appartenevano ad un estraneo, mi diedero un così grande calore umano da rimanere meravigliata. Giorgio mi liberò dall’abbraccio e mi sorrise teneramente .
“ Sai ho seguito da sempre , da lontano la tua carriera, i tuoi successi, i tuoi dolori, la tua fama, ho visitato alcune tue mostre, ho visto tuoi filmati e letto i tuoi libri. Non potevo non riconoscere il tuo viso , ti ho vista da lontano così assorta che è stato naturale rivolgerti la nostra vecchia domanda di rito. Ricordi, da adolescenti ci scherzavamo sempre quando tu, in un attimo, ti isolavi nel tuo mondo segreto e non vedevi né sentivi chi era insieme a te”.
“ Si , ricordo , a scuola ero la disperazione della professoressa di inglese , quando durante le sue lezioni ,il mio mondo prendeva tutta la mia attenzione ed ero completamente estranea a tutto! Sentire parlare inglese allora mi apriva mondi nuovi, mi vedevo proiettata in luoghi lontani e in situazioni da grande protagonista della finanza internazionale. Sognavo! Sognavo di lasciare il mio piccolo paese per una città moderna, multicolore, con le persone che camminavano frettolosamente per i larghi marciapiedi, le macchine che lanciavano suoni e rumori da grande orchestra, un sali e scendi come le montagne russe”.
“ Hai tempo per un caffè con un vecchio amico, così per ricordare insieme e raccontarci gli ultimi anni?”.”Vieni andiamo, ho qui, ormeggiata la mia barca: ricordi era il mio sogno “.
Non mi feci pregare, avevo bisogno di una pausa . Se pensavo al motivo che mi aveva riportato nel paese della mia famiglia, mi assaliva l’angoscia e sentivo un pugno dritto nello stomaco. Giorgio aveva seguito negli anni la mia vita professionale, da giornalista a corrispondente di guerra, da fotografa a documentarista, da pittrice a scrittrice ma nessuno aveva potuto conoscere Barbara come donna, moglie, madre, nonna perché non c’era alcuna Barbara con queste caratteristiche. Avevo girato il mondo in tante latitudini, avevo incontrato, parlato ed aiutato così tante persone che ora, dopo tanti anni ,desideravo ritirarmi in solitudine in una piccola cittadina del Kenya piena di fascino. Lì si viveva con poco e tutto era prezioso, ogni oggetto per quanto modesto assumeva un valore inestimabile. Gente povera ma ricca di umanità e di rispetto.
“ Ehi baby ancora con i tuoi pensierini? Concediti questo caffè fumante in pace “.
“ Hai ragione, scusami e grazie , ma ora dimmi tu qualcosa della tua vita, la mia all’estero è sempre stata di dominio pubblico, almeno in larga parte”.
“ Niente di speciale, non ho fatto tanta strada nel senso che non mi sono allontanato dal nostro paese, ho studiato, lavorato, messo su famiglia, ho due bravi ragazzi, ho fatto in tempo a vedere naufragare il matrimonio e a divorziare ma soprattutto come puoi vedere, ho acquistato con tanti sacrifici la barca, il sogno della mia vita, il mio regno”.

venerdì 4 settembre 2009

TU



Tu che da sempre sei nei pensieri miei
Tu che illumini il mondo con gli occhi tuoi
Tu che non ti spaventi piu’ ormai
Tu che hai conquistato spazi immensi
Tu che hai aperto le ali e voli in paesi lontani
Tu che niente ti fermera’ mai
Tu che nulla e nessuno dovra’ ferirti piu’
Tu che sei la gioia della vita mia
Tu che portero’ nel cuore ovunque sei
Tu che sei amore, dolore, pensiero, orgoglio, fatica,
Tu, voi, figli … per sempre

La mamma
Considerazioni sul tema: " L'arte della scritura " o se volete " la vena dello scrittore "

Non è facile dire o scrivere qualcosa non di banale ma che colpisca la mente e soprattutto il cuore:suscitare emozioni. E' questo lo scopo di narrare.
Da bambini eravamo abituati dalla maestra a cimentarsi con i pensierini: 10 pensierini sulla mamma, 10 sul papà, 10 sui giochi che preferisci,10 sul tuo migliore amico e così per una lunga serie.Brevi, lineari, concisi ma tanti pensierini tutti insieme legati come mai non fanno una storia? Cosa manca? Non certo le parole. Sono le emozioni che fanno una storia, quel "certo non so che" necessario per farci arrivare alla fine in fretta e poi rimanere con il libro ancora in mano a godere del mondo interiore in subbuglio: curiosità, tenerezza, brivido, rabbia, evasione, affetto,sono emozioni che si agitano....
Anche un libro che ci ha deluso comunque ci scatena reazioni, in fondo la curiosità di vedere come va a finire è per sempre un'emozione.

Sto provando a scrivere e mi sono accorta che non è necessario avere già la trama bella chiara nella mente. A poco a poco che la storia prende forma mi emoziono io stessa e il tempo tra un capitolo e l'altro si vive come proiettati nella storia da protagonisti e basta avere una pagina bianca davanti che le parole prendono vita per continuare.
Allora dopo un piccolo frammento io continuo...

A presto, ciao, e fatemi sapere.

domenica 30 agosto 2009

DOMANI SARA’ - parte uno

DOMANI SARA’

Era capitata per caso in quella viuzza, perdendosi tra le molteplici botteghe artigiane che con le loro mercanzie colorate mettevano allegria nel cuore.

Che fare, si disse tra sé e sé, la nuova situazione in cui era capitata, nonostante tutto, poteva essere sfruttata al meglio: godere di quel tempo per curiosare tranquillamente ed indisturbata tra quelle meraviglie.

In un attimo, tutta la tensione che si portava addosso da settimane, svanì e rilassandosi si accorse persino del dolce tepore che il sole primaverile lasciava sulle pelle delle braccia scoperte.

Qui e là era tutto un vociare allegro dei molti turisti che si riversavano già da Maggio nel tranquillo paesino dalla vista incantevole sul mare di un intenso blu splendente.

Con passo svelto facendo uno strano slalom tra le bancarelle e i turisti, si diresse verso la casa dei nonni paterni , proprio affacciata sulla piazzetta centrale del paese.

Giunta , davanti al vecchio portone di legno scuro un po’ scrostato dal tempo, ritrasse la mano già pronta a suonare il campanello.

Aveva bisogno di prendere aria ma soprattutto trovare il coraggio di varcare quell’uscio e salire la ripida scalinata che, ricordava , portava alla casa paterna del primo piano.

No,non era ancora venuto il momento. Sospirò nervosa, in fretta si rigirò per dirigersi verso il lungomare, un luogo neutro e più tranquillo.

Era necessario ristabilire una serenità d’animo che aveva perduto ormai da molti anni. Il suo aspetto era gradevolmente giovanile da mascherare la sua età ma, con gli ultimi eventi, erano comparse delle vistose rughe.

Le palme , le profumate aiuole, le panchine di legno, i chioschetti dei gelati, i vecchi lampioni in stile liberty, la rincuorarono, tutto era rimasto uguale con l’avanzare degli anni e i suoi ricordi erano nitidi.

Per un attimo provò a chiudere gli occhi e si vide lì a correre gioiosa lungo la spiaggia con i suoi fratelli.

Erano giunti in riva al mare la mattina prestissimo e per l’eccitazione per quella giornata, che si prospettava indimenticabile, non avevano quasi dormito la notte. Al buio nella loro camera scrutavano le ombre del padre che si aggirava per la casa preparando l’occorrente per la mattina al mare che non era una semplice gita in riva al mare! Il padre, pescatore di professione, per la prima volta portava i suoi bambini con sé per la preparazione delle reti necessarie per la prossima uscita di pesca.

Barbara, ora lì nello stesso posto dopo quasi quaranta anni, poteva chiudere gli occhi e sentire persino la risata cristallina di suo fratello minore Eugenio, che, rimasto impigliato tra le reti per giocare ,chiedeva aiuto ai più grandi.

“ Ma allora mi volete liberare? Voglio correre con voi! Barbara, Francesco , aiuto ! Se mi liberate sarò il vostro valletto per tutta la giornata “

“Giura, dita sul cuore, ripeti: “sarò il valletto della Principessa Barbara e del Principe Francesco”. “

Francesco ed io lottammo con la rete per liberare Eugenio, subito dopo subì l’investitura a valletto con la canna da pesca di papà. Da quel momento iniziò un gioco che eravamo soliti fare per mettere in difficoltà Eugenio. Lo ammetto, aveva un qualcosa di crudele ma nella nostra ingenuità e spensieratezza appariva solo ed unicamente il gioco dei Principi viziati e del loro valletto pronto a soddisfare ogni minima richiesta.

“Valletto, presto presto questa sabbia mi irrita gli occhi… Vorrei… ? Vorrei… ? … che ora apparisse al suo posto un bel prato verde “chiedeva con cipiglio la principessa Barbara.

“ Ma che siete stupidi? “ brontolava Eugenio: “ Sono un valletto mica un mago! Mi avete stancato, vado a cercar conchiglie. “

“ Valletto! Valletto!” gridava il principe Francesco: “ Corri! Corri! Ho smarrito nella sabbia l’anello che dovevo donare alla principessa Barbara. Trovalo! Presto! “

E mogio mogio Eugenio stando al gioco scavava, setacciava, rimuoveva la sabbia e separava tutto le piccole cose riportate dalle onde del mare sulla riva.

Io e Francesco da furbacchioni approfittammo del momento per mangiare in fretta anche la sua colazione, e senza alcun rimorso poi assistevamo ai pianti di Eugenio che aveva fame.

Il gioco terminava con Eugenio che si rifugiava nelle braccia di papà che per consolarlo lo interessava alla rimagliatura della rete e lo faceva sentire grande.

Io con i miei dieci anni dovevo essere già una piccola donnina specialmente considerando che la nostra amata mamma era morta ormai da quasi cinque anni. Ma ero coccolata in tutto e per tutto perché vivevamo tutti insieme nella casa dei nonni paterni , ancora giovanili ed energici , nonna Lucia era il “ capo “ mentre nonno Luigi e papà trascorrevano parecchio tempo in mare per il loro lavoro. La mia migliore amica e il mio idolo era la zia Serena, sempre sorridente, allegra, con una cascata di capelli rossi dai vaporosi ricci e tante lentiggini sparse sulla pelle come un cielo stellato in estate.

Essendo la primogenita godevo di qualche privilegio in più e ne approfittavo di tanto in tanto. Con i miei fratelli ero un comandante ma tutti e tre insieme eravamo una forza della natura contro gli amichetti che cercavano la lite.

Non avevamo mai sentito dolore nei nostri piccoli cuori, la nonna e la zia ci accudivano meravigliosamente e noi ci facevamo grandi sfoggiando due “mamme”: una dai capelli con qualche filo d’argento e una dai meravigliosi capelli leonini, una saggia e composta e una sempre pronta allo scherzo ma con gli occhi che brillavano per il suo sorriso.

Papà era sempre attento alle nostre giornate trascorse tra la scuola, i compiti a casa, le mie lezioni di piano, le partitelle a calcio di Francesco e gli approcci al nuoto di Eugenio. Ma soprattutto attento ai nostri pensieri più segreti, alle nostre piccole difficoltà, alle emozioni, alla paura di perdere il nostro mondo familiare così sereno.

“ Un soldino per il tuo pensierino, baby “ la frase mi fece sussultare.