Mare

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domenica 30 agosto 2009

DOMANI SARA’ - parte uno

DOMANI SARA’

Era capitata per caso in quella viuzza, perdendosi tra le molteplici botteghe artigiane che con le loro mercanzie colorate mettevano allegria nel cuore.

Che fare, si disse tra sé e sé, la nuova situazione in cui era capitata, nonostante tutto, poteva essere sfruttata al meglio: godere di quel tempo per curiosare tranquillamente ed indisturbata tra quelle meraviglie.

In un attimo, tutta la tensione che si portava addosso da settimane, svanì e rilassandosi si accorse persino del dolce tepore che il sole primaverile lasciava sulle pelle delle braccia scoperte.

Qui e là era tutto un vociare allegro dei molti turisti che si riversavano già da Maggio nel tranquillo paesino dalla vista incantevole sul mare di un intenso blu splendente.

Con passo svelto facendo uno strano slalom tra le bancarelle e i turisti, si diresse verso la casa dei nonni paterni , proprio affacciata sulla piazzetta centrale del paese.

Giunta , davanti al vecchio portone di legno scuro un po’ scrostato dal tempo, ritrasse la mano già pronta a suonare il campanello.

Aveva bisogno di prendere aria ma soprattutto trovare il coraggio di varcare quell’uscio e salire la ripida scalinata che, ricordava , portava alla casa paterna del primo piano.

No,non era ancora venuto il momento. Sospirò nervosa, in fretta si rigirò per dirigersi verso il lungomare, un luogo neutro e più tranquillo.

Era necessario ristabilire una serenità d’animo che aveva perduto ormai da molti anni. Il suo aspetto era gradevolmente giovanile da mascherare la sua età ma, con gli ultimi eventi, erano comparse delle vistose rughe.

Le palme , le profumate aiuole, le panchine di legno, i chioschetti dei gelati, i vecchi lampioni in stile liberty, la rincuorarono, tutto era rimasto uguale con l’avanzare degli anni e i suoi ricordi erano nitidi.

Per un attimo provò a chiudere gli occhi e si vide lì a correre gioiosa lungo la spiaggia con i suoi fratelli.

Erano giunti in riva al mare la mattina prestissimo e per l’eccitazione per quella giornata, che si prospettava indimenticabile, non avevano quasi dormito la notte. Al buio nella loro camera scrutavano le ombre del padre che si aggirava per la casa preparando l’occorrente per la mattina al mare che non era una semplice gita in riva al mare! Il padre, pescatore di professione, per la prima volta portava i suoi bambini con sé per la preparazione delle reti necessarie per la prossima uscita di pesca.

Barbara, ora lì nello stesso posto dopo quasi quaranta anni, poteva chiudere gli occhi e sentire persino la risata cristallina di suo fratello minore Eugenio, che, rimasto impigliato tra le reti per giocare ,chiedeva aiuto ai più grandi.

“ Ma allora mi volete liberare? Voglio correre con voi! Barbara, Francesco , aiuto ! Se mi liberate sarò il vostro valletto per tutta la giornata “

“Giura, dita sul cuore, ripeti: “sarò il valletto della Principessa Barbara e del Principe Francesco”. “

Francesco ed io lottammo con la rete per liberare Eugenio, subito dopo subì l’investitura a valletto con la canna da pesca di papà. Da quel momento iniziò un gioco che eravamo soliti fare per mettere in difficoltà Eugenio. Lo ammetto, aveva un qualcosa di crudele ma nella nostra ingenuità e spensieratezza appariva solo ed unicamente il gioco dei Principi viziati e del loro valletto pronto a soddisfare ogni minima richiesta.

“Valletto, presto presto questa sabbia mi irrita gli occhi… Vorrei… ? Vorrei… ? … che ora apparisse al suo posto un bel prato verde “chiedeva con cipiglio la principessa Barbara.

“ Ma che siete stupidi? “ brontolava Eugenio: “ Sono un valletto mica un mago! Mi avete stancato, vado a cercar conchiglie. “

“ Valletto! Valletto!” gridava il principe Francesco: “ Corri! Corri! Ho smarrito nella sabbia l’anello che dovevo donare alla principessa Barbara. Trovalo! Presto! “

E mogio mogio Eugenio stando al gioco scavava, setacciava, rimuoveva la sabbia e separava tutto le piccole cose riportate dalle onde del mare sulla riva.

Io e Francesco da furbacchioni approfittammo del momento per mangiare in fretta anche la sua colazione, e senza alcun rimorso poi assistevamo ai pianti di Eugenio che aveva fame.

Il gioco terminava con Eugenio che si rifugiava nelle braccia di papà che per consolarlo lo interessava alla rimagliatura della rete e lo faceva sentire grande.

Io con i miei dieci anni dovevo essere già una piccola donnina specialmente considerando che la nostra amata mamma era morta ormai da quasi cinque anni. Ma ero coccolata in tutto e per tutto perché vivevamo tutti insieme nella casa dei nonni paterni , ancora giovanili ed energici , nonna Lucia era il “ capo “ mentre nonno Luigi e papà trascorrevano parecchio tempo in mare per il loro lavoro. La mia migliore amica e il mio idolo era la zia Serena, sempre sorridente, allegra, con una cascata di capelli rossi dai vaporosi ricci e tante lentiggini sparse sulla pelle come un cielo stellato in estate.

Essendo la primogenita godevo di qualche privilegio in più e ne approfittavo di tanto in tanto. Con i miei fratelli ero un comandante ma tutti e tre insieme eravamo una forza della natura contro gli amichetti che cercavano la lite.

Non avevamo mai sentito dolore nei nostri piccoli cuori, la nonna e la zia ci accudivano meravigliosamente e noi ci facevamo grandi sfoggiando due “mamme”: una dai capelli con qualche filo d’argento e una dai meravigliosi capelli leonini, una saggia e composta e una sempre pronta allo scherzo ma con gli occhi che brillavano per il suo sorriso.

Papà era sempre attento alle nostre giornate trascorse tra la scuola, i compiti a casa, le mie lezioni di piano, le partitelle a calcio di Francesco e gli approcci al nuoto di Eugenio. Ma soprattutto attento ai nostri pensieri più segreti, alle nostre piccole difficoltà, alle emozioni, alla paura di perdere il nostro mondo familiare così sereno.

“ Un soldino per il tuo pensierino, baby “ la frase mi fece sussultare.